Un blog all'insegna del rispetto e della conoscenza della natura che ci circonda...

giovedì 31 luglio 2008



Una pecora può riconoscere cinquanta volti di altre pecore, più dieci volti di umani.



Il cuore di un gamberetto è nella testa


Il picchio, pur picchiando il becco come un martello pneumatico, non soffre il mal di testa, madre natura lo ha fornito di un osso spugnoso che attutisce i colpi



Una pulce può saltare una distanza pari a 350 volte la lunghezza del suo corpo. E’ come se un uomo potesse saltare da un capo all’altro di un campo di calcio.






Uno scarafaggio decapitato sopravvive nove giorni prima di morire.








Le farfalle sentono i sapori con i piedi.

Un coccodrillo non può tirare fuori la lingua.


Gli orsi polari sono mancini.

I ratti e i cavalli non possono vomitare.










I ratti si moltiplicano così rapidamente che, in soli 18 mesi, una coppia può avere più di 1 milione di discendenti.

La visione del gatto nel buio è almeno sei volte superiore a quella dell’uomo.

La zanzara riesce a percepire il ronzio di una sua compagna anche da una distanza di alcune centinaia di metri, e anche se vi sono rumori o vento intenso.

Una formica può sollevare 50 volte il suo peso, può trascinare 30 volte il suo peso e cade sempre alla sua destra se intossicata.

Le stelle marine non hanno cervello. Tuttavia sono dotate della prodigiosa capacità di rigenerarsi completamente: da un solo braccio tagliato, l’animale riesce a ricostruire l’intero corpo.




In uno studio effettuato su circa 200.000 struzzi, durato più di 80 anni, non si è mai visto uno struzzo mettere la testa nella sabbia.







L’occhio dello struzzo è più grande del suo cervello.

mercoledì 30 luglio 2008

Visto che l'ho fatto con gli animali che preferisco...non vedo perchè non dovrei farlo con i fiori??!

LA ROSA...a quanto pare, da quello che ho letto in un oroscopo, è il fiore del mio segno: il toro.
Rosa - famiglia delle Rosaceae, comprende circa 150 specie, numerose varietà con infiniti ibridi e cultivar, originarie dell'Europa e dell'Asia, di altezza variabile da 20 cm a diversi metri, comprende specie cespugliose, sarmentose, rampicanti, striscianti, arbusti e alberelli a fiore grande o piccolo, a mazzetti, pannocchie o solitari, semplici o doppi, frutti ad achenio conutenuti in un falso frutto (cinorrodo); le specie spontanee in Italia sono oltre 30 di cui ricordiamo la R. canina la più comune, la R. gallica poco comune nelle brughiere e luoghi sassosi, la R. glauca frequente sulle Alpi, la R. pendulina comune sulle Alpi e l'Appennino settentrionale e la R. sempervirens.
Il nome, secondo alcuni, deriverebbe dalla parola sanscrita vrad o vrod, che significa flessibile. Secondo altri, invece, il nome deriverebbe dalla parola celtica rhood o rhuud, che significa rosso
Uso:
Come pianta ornamentale nei giardini, per macchie di colore, bordure, alberelli, le sarmentose o rampicanti per ricoprire pergolati, tralicci o recinzioni, le specie nane dalle tinte brillanti e con fioriture prolungate per la coltivazione in vaso sui terrazzi o nei giardini rocciosi.
Industrialmente si coltivano le varietà a fusti eretti e fiori grandi, per la produzione del fiore reciso, che occupa in Italia circa 800 ettari, localizzati per oltre la metà in Liguria, il resto in Toscana, Campania e Puglia.
I petali vengono utilizzati per le proprietà medicinali, per l'estrazione dell'essenza di Rosa e degli aromi utilizzati in profumeria, nell'industria essenziera, nella cosmetica, pasticceria e liquoristica.
Come pianta medicinale si utilizzano oltre ai petali con proprietà astringenti, anche le foglie come antidiarroico, i frutti ricchi di vitamina C diuretici, sedativi, astringenti e vermifughi, i semi per l'azione antielmintica, e perfino le galle prodotte dagli insetti del genere Cynips ricche di tannini per le proprietà diuretiche e sudorifere.
Le giovani foglie delle rose spontanee servono per la preparazione di un té di rosa

IL GIGLIO...l'origine del mio nome: liliana - lilium.
Il Lilium - o più comunemente giglio - è un genere di piante della famiglia delle Liliaceae.
Come l'iris, il genere Lilium è originario dell'Europa, dell'Asia e del Nord America; comprende piante con un'altezza da 1,20 a 2 m, dotate di bulbo a scaglie imbricate, disposte intorno ad un disco centrale, da cui originano inferiormente le radici, e superiormente lo stelo. Le scaglie, a seconda della specie, sono più o meno larghe, acuminate, serrate tra loro.
Le radici del bulbo sono perenni e non si rinnovano tutti gli anni come succede solitamente nelle piante bulbose; solo i gigli di origine cinese e giapponese, alla ripresa vegetativa, formano un palco di radici avventizie sullo stelo sopra il bulbo a fior di terra, che contribuiscono alla nutrizione delle parti aeree.

IL GLICINE...un profumo intenso che mi fa sognare.
Wisteria Nutt. - genere delle Fabaceae, noto col nome comune di Glicine, il nome del genere è stato attribuito in onore di Gaspare Wister (1761-1818), rinomato studioso di anatomia di Filadelfia, comprende meno di dieci specie arbustive rampicanti, un tempo attribuite al genere Glycine, e classificate da alcuni autori anche con il nome di Wistaria.
Come pianta ornamentale per ricoprire muri, pergolati, recinzioni o arrampicarsi ad alberi, nei giardini e sulle terrazze grazie al rapido sviluppo, le giovani piante opportunamente potate formano piccoli alberetti adatti alla coltivazione in vaso. Nel linguaggio dei fiori indica amicizia.

IL TULIPANO...bello. punto.
Tulipa è il nome di un genere delle Liliaceae originario della Turchia: comprende specie bulbose alte 10-50 cm, tra cui alcune spontanee in Italia, note col nome comune di Tulipano. Il "Tulipano" è stato importato in Europa per la prima volta da Francesco Giuseppe d'Asburgo, a Vienna.
Tra esse si ricordano il Tulipa oculus-solis St.-Am., il Tulipa australis e il Tulipa silvestris L.; tra le specie utilizzate come piante ornamentali si ricordano il Tulipa fosteriana Hort., il Tulipa greigii Regel, il Tulipa lanata Regel e il Tulipa kaufmanniana Regel, tutte originarie dell'Asia centro-occidentale.
I floricoltori olandesi - che sono i principali produttori e commercializzatori di bulbi di tulipano.







Per rimanere in tema di natura, ho pensato di approfondire alcune caratteristiche degli animali che mi piacciono di piu o che, pur facendomi molta paura, mi affascinano molto...

I FELINI
I Felini (Felinae) sono una sottofamiglia della famiglia dei Felidi. Sono caratterizzati da una testa di forma rotondeggiante, il muso corto e il corpo ricoperto di pelliccia, spesso maculata o striata. Hanno zampe munite di cuscinetti plantari e artigli retrattili, che utilizzano per la caccia, e hanno udito e vista ottimi, il che dà loro la possibilità di cacciare di notte.
Si usano anche i termini grandi Felini (o panterini) per indicare gli appartenenti al genere Panthera, e piccoli Felini, del genere Felis. Questi due gruppi sono apparentemente molto simili sotto molteplici aspetti, ma si differenziano tuttavia non solo per la taglia: la differenza più evidente è che i piccoli felini, che hanno un osso chiamato ioide alla base della lingua, possono fare le fusa ma non ruggire; al contrario i grandi felini, con una cartilagine flessibile al posto dell'osso, possono ruggire ma non fare le fusa con continuità. Altra differenza è che la pupilla dei piccoli felini ha un taglio verticale, mentre i grandi felini tendono ad avere tagli ovali o rotondi.
Esistono però delle eccezioni: il leopardo delle nevi, ad esempio, è classificato tra i grandi felini, ma non ruggisce e si ciba stando rannicchiato al pari dei piccoli felini.
Altra eccezione è il ghepardo che, pur classificato come grande felino, è più leggero del puma, classificato come piccolo felino. Spesso ci si riferisce ai Felini indicando in realtà altre sottofamiglie di Felidi, quando invece ogni sottofamiglia presenta alcune differenze rispetto alle altre: la sottofamiglia Acinonychinae, ad esempio, alla quale appartiene il ghepardo, spesso indicato come Felino, si differenzia dai Felini per il fatto che non è caratterizzata dagli artigli retrattili.




LE FARFALLE

La farfalla è un insetto che, come le falene, appartiene all'ordine dei Lepidotteri.
La distinzione tra farfalle e falene non risponde a una classificazione scientifica tassonomica ma deriva dall'uso comune. In base a tale distinzione "popolare", alcuni autori del passato hanno proposto una distinzione tra Ropaloceri o "Rhopalocera" (farfalle), che nella classificazione moderna corrispondono alle superfamiglie Hesperioidea e Papilionoidea, ed Eteroceri o "Heterocera" (falene). Questa distinzione oggi però non è più scientificamente accettata.
Le farfalle hanno abitudini generalmente diurne, hanno antenne clavate, a differenza di quelle delle falene, che sono spesso pettinate o filiformi, e chiudono le ali a libro in posizione di riposo.
Questa distinzione di comodo, al pari di quella tra macrolepidotteri e microlepidotteri, pur non essendo più ritenuta valida, viene talvolta ancora utilizzata dagli entomologi per ragioni pratiche, dato che corrisponde a differenze nei metodi di studio dei diversi gruppi.




GLI SQUALI

Con il nome squalo o pescecane si indica un numeroso gruppo di pesci predatori dallo scheletro cartilagineo, dalle forti mascelle e di dimensioni medio-grandi, appartenenti al superordine Selachimorpha.
Come gli altri pesci, lo squalo estrae l'ossigeno dall'acqua marina al passaggio nelle branchie. Le fessure branchiali non sono coperte come accade negli altri pesci, e sono disposte in fila sulla parte posteriore della testa. Un'apertura modificata chiamata "sfiatatoio" è posizionata proprio dietro l'occhio; ha lo scopo principare di agevolare l'ingresso dell'acqua durante la respirazione e gioca un ruolo ancora più importante per gli squali che vivono sui fondali, mentre è praticamente inesistente negli squali pelagici del giorno d'oggi. Durante il movimento, l'acqua passa attraverso la bocca e quindi alle branchie dello squalo; questo processo è noto come ventilazione ad ingoio. Anche a riposo, molti squali pompano acqua attraverso le branchie per assicurarsi una riserva costante di acqua ossigenata. Una piccola parte delle specie di squalo che trascorre l'intera vita nuotando in immersione (comportamento comune ad esempio nello squalo pelagico)ha perso la facoltà di pompare acqua attraverso le branchie. Queste specie sono permanentemente costrette alla respirazione per ingoio e sono condannate all'asfissia se per qualche motivo non si possono mantenere in movimento (qualcosa di analogo accade per alcune specie di pesci ossei). I processi di respirazione e circolazione iniziano quando il sangue deossigenato ragiunge il cuore bipartito dello squalo. Qui il sangue viene pompato alle branchie attraverso l'aorta ventrale che poi si dirama nelle arterie branchiali afferenti. In corrispondenza delle branchie il sangue viene riossigenato ed in seguito scorre nelle arterie deferenti brachiali, che si uniscono nell'aorta dorsale. di li' il sangue flusce verso le varie parti del corpo. Il sangue nuovamente deossigenato si sposta dalle parti periferiche del corpo attraverso le vene posteriori cardinali ed entra nella vena cava posteriore cardinale. Quindi il sangue raggiunge il ventricolo cardiaco ed il ciclo si ripete. Diversamente dai pesci ossei gli squali non sono dotati di bolle d'aria per favorire la nuotata, ma si affidano a quel grosso serbatoio contenente un olio chiamato squalene che è il loro fegato. Il fegato può costituire il 30% della massa galleggiante dell'animale. La sua efficacia è limitata e gli squali devono ricorrere alla spinta inerziale per mantenere profondità e affondare quando smettono di nuotare per qualche motivo. Alcune specie di squalo, se capovolte o colpite sul naso, entrano in un naturale stato di immobilità e i ricercatori utilizzano questo stratagemma per approcciare questi pesci senza pericolo. Gli Squali toro (Carcharias taurus) sono tuttavia noti per deglutire dell'aria dalla superficie e conservarla nello stomaco, usando quest'ultimo come vescica natatoria.
Squali in cattività. Fino a poco tempo fa soltanto poche specie di squalo sopravvivevano alla cattività in acquari pubblici fino ad un anno o più: squali nutrice, squali leopardo, squali limone e squali gatto. Tutto ciò diede adito alla credenza secondo la quale gli squali oltre ad essere difficili da catturare e trasportare, fossero difficili da allevare. In seguito una più vasta conoscenza sugli squali ha permesso di tenere queste ed altre specie (come il grande squalo pelagico) per molto più tempo negli acquari. Allo stesso tempo, le tecniche di trasporto sono migliorate e oggi consentono il trasferimento di squali anche attraverso lunghe distanze. Fino a settembre 2004 l'unica specie che non era mai stata efficacemente tenuta in cattività era il grande squalo bianco, tuttavia in quella data l'Acquario della Baia di Monterey riuscì a detenere una giovane femmina di questa specie per 198 giorni prima di rimetterla in libertà.Il senso olfattivo è collocato nel corto condotto (nei pesci ossei sono invece fuse) che collega le aperture nasali anteriore e posteriore. Alcune specie sono in grado di identificare addirittura una ppm di sangue in acqua marina. Gli squali sono attirati dagli agenti chimici contenuti nelle viscere di molte specie, e in conseguenza di questo spesso si soffermano nei pressi di scarichi fognari. Alcune specie, come lo Squalo nutrice hanno delle “barbe” che potenziano ancora di più la sensibilità nella ricerca di prede. Di solito all'olfatto (che negli squali è un senso superiore) è affidata la responsabilità di trovare le prede, ma sulle brevi distanze gli squali usano anche la Linea laterale muovendosi intorno alla preda per percepire i suoi movimenti in acqua, oppure ricorrono agli speciali pori sensoriali sulle loro teste (le Ampolle di Lorenzini) per identificare i campi elettrici creati dalla preda in mezzo a quelli creati dall'oceano stesso.

L'ORSO
L'orso è un grande mammifero dell'ordine Carnivora, famiglia Ursidae. In Italia si trova l'orso bruno. Tutti gli orsi hanno in comune la pelliccia densa, una coda corta, un buon senso dell'odorato e dell'udito. Gli orsi hanno un grande corpo. Sono, infatti, in grado di alzarsi in piedi sugli arti posteriori. Hanno un muso lungo e orecchie rotonde. I loro denti sono utilizzati per la difesa personale e come strumenti, e il loro aspetto dipende dalla dieta dell'orso stesso. Usano gli artigli per strappare la carne e per scavare profonde buche.
Gli orsi hanno un'aspettativa di vita di 25–40 anni.
Nelle regioni temperate e fredde, gli orsi trascorrono il periodo invernale in uno stato di sonno profondo e prolungato che viene erroneamente scambiato come stadio di letargo. Infatti, anche se l' organismo non assume cibo e bevande, durante questo periodo la temperatura corporea non si abbassa di molto e le funzioni fisiologiche, anche se ridotte, si svolgono secondo la norma. Il sonno viene interrotto da più risvegli e le femmine riescono a partorire e ad allattare la prole. A causa però di questo lungo stato di torpore, i piccoli sono di dimensioni ridotte rispetto alla mole della madre (fino ad 1/600), in questo modo si evitano elevate spese d' energia sia per il parto che per l' allattamento
Collezione di invertebrati
Gli esemplari di invertebrati ammontano a circa 100.000 unità, distribuiti nelle classi di pertinenza.Tra le collezioni più antiche ci sono i coralli su ossidiana raccolti da Spallanzani al Castello di Lipari, durante il famoso viaggio al regno delle due Sicilie nel 1788. Di notevole pregio è la collezione di vermi viscerali del Pastore Giovanni Augusto Goeze acquistata da Giuseppe II nel 1787.

Si tratta di una ingente raccolta di parassiti intestinali di assoluto valore scientifico, comprendendo molti ‘tipi’, ossia esemplari sui quali è stata descritta la specie.A spiegare il moderno concetto di biodiversità rientra la collezione di circa 20.000 conchiglie terrestri e d’acqua dolce raccolte da Arturo Issel e acquistate da pavesi nel 1894. Di Pavesi, noto studioso di aracnologia, il museo conserva, tra l’altro, la collezione di ragni.Di grande pregio è la raccolta di spugne radunata, studiata e donata al Museo da Balsamo Crivelli.Tra gli esemplari di crostacei si impone, con i suoi oltre due metri, un granchio gigante del Giappone.abbiamo inoltre...

Sezione di anatomia comparata - il museo presenta anche una sezione di anatomia comparata, eterogenea per tipologia di materiali, raggruppa sia preparati di organi conservati in modi differenti, sia apparati scheletrici.

Accanto ad esemplari di piccole e medie dimensioni ci sono gli scheletri completi di un elefante, una giraffa, e una balenottera comune (Balenoptera physalus). Quest’ultima, spiaggiatasi a Levanto, nei pressi di La Spezia, nel 1902, fu acquistata nello stesso anno da Leopoldo Maggi, direttore del Museo di anatomia comparata. Tra i reperti osteologici dei cetacei è eccezionale la presenza di una mandibola, una scapola e una vertebra di Balena della Groenlandia (Balena mysticetus), che furono donate dal governo asburgico a Spallanzani nel 1793.


Sezione di paleontologia - L’antico Museo di Mineralogia nel corso del ‘900 è andato incontro ad una serie di suddivisioni.
Le collezioni geo-mineralogiche sono confluite nel museo annesso al Dipartimento di Scienze della Terra: quelle di attinenza paleontologica, destinate all’erigendo Museo di Storia Naturale, sono tuttora giacenti presso il Castello Visconteo. Un piccolo nucleo di reperti di pietre laviche riportate da Spallanzani dal viaggio alle isole vulcaniche e alcuni fossili acquistati nel 1774 da Antonio Fabrini, direttore della zecca di Firenze, è stato invece trasferito al Museo per la Storia dell’Università al momento della costituzione di quest’ultimo (1932). La sezione paleontologica del museo naturalistico possiede ricche collezioni di vertebrati fossili. Fra queste, una delle più importanti, sia dal punto di vista storico sia da quello scientifico è senz’altro quella dei pesci del Monte Bolca.
Per andare più nel dettaglio degli esemplari che costituiscono la collezione del museo, ecco un breve escursus con alcune immagini esemplificative.

Collezione di vertebrati
Le collezioni di vertebrati naturalizzati, completamente restaurati, sono state recentemente allestite in un deposito reso idoneo alla loro conservazione e fruibile in occasioni particolari anche dal pubblico.


Nell’esemplificazione del materiale, tra i preparati di epoca spallanzaniana che ancora si conservano, sono rilevanti un tursiope (Tursiops truncatus) acquisito da Spallanzani nel 1781 durante il viaggio a Marsiglia; un coccodrillo del Nilo (Crocodylus niloticus), donato dal conte Giacomo Sannazari nel 1782; un ippopotamo (Hippopotamus amphibius) giunto da Mantova nel 1783 e oggetto di una lunga contesa conclusasi con l’invio a Mantova di una serie di duplicati di minerali in cambio; la collezione del medico olandese van Hoey, ricca di pesci e rettili.

La collezione è comprensiva anche di uno squalo (Isurus oxyrhynchus) proveniente dallo stretto di Messina, acquistato dall’abate Gaetano Grano nel 1790.

I rettili dalla mole possente comprendono anche un pitone, una anaconda e un alligatore.
Nella rassegna di pesci marini e d’acqua dolce, meritano particolare considerazione la collezione di pesci dipnoi acquisita da Pavesi e un raro esemplare di celacantide Latimeria chalumnae, donata al museo in anni più recenti.



La consistente collezione ornitologica comprende anche gli uccelli del Paradiso donati dal Marchese Giacomo Doria e ua splendida coppia di Condor delle Ande (Vultur gryphus) catturati in Cile dall’esploratore Gaetano Osculati nel 1835 .


Tra i carnivori è notevole una coppia di giovani leoni di Barberia (Panthera leo leo) acquistati a Parigi nel 1812 e preparati in sede dal celebre naturalista e embriologo Mauro Rusconi. Completo è l’ordine dei proboscidei con un giovane elefante indiano (Elephas maximus), acquisito da mangili nel 1812, e un elefante africano (Loxodonta africana) pervenuto in collezione durante la direzione di pavesi.
Il museo di storia naturale di Pavia è particolarmente ricco di esemplari. Sono infatti più di 10000 gli esemplari che si possono osservare, disposti secondo il numero progressivo d’inventario per facilitarne la consultazione. Per molti di essi, attraverso le documentazioni archivistiche, è possibile la ricostruzione del percorso storico. Tra le specie esposte nel museo troviamo: numerosi pesci e rettili (collezione del medico olandese Van Hoey),

pesci marini e d'acqua dolce, rettili dalla mole possente,


mammiferi dalle forme più primitive (Monotremi)


a quelle più evolute (Primati) che comprendono carnivori


ed erbivori, proboscidei e ruminanti.
Tra le cospicue raccolte pervenute in museo dall’inizio del XIX secolo ci sono rappresentanti di tutti gli ordini delle varie classi, conservati sia a secco, sia in liquido.

Tanto per cominciare...un pò di storia del Museo che vi andrò a presentare....


L’origine del Museo di Storia Naturale si colloca nel vasto contesto di provvedimenti previsti dalla Riforma teresiana per un rinnovamento generale dell’Ateneo. Costituito a scopo didattico dietro sollecitazione di Lazzaro Spallanzani, titolare della cattedra omonima neo-istituita, il Museo ebbe inizio nel 1771 con un primo nucleo di minerali inviati in dono dall’Imperatrice Maria Teresa d’Austria. Le collezioni, formatesi attraverso raccolte personali, acquisti, scambi e donazioni, nel 1775 furono allestite nella prestigiosa sede del palazzo Centrale dell’Università , dove rimasero, incrementandosi, per oltre un secolo. Nel 1778, alle sezioni già esistenti di zoologia e di mineralogia, fu aggiunta quella di anatomia comparata avviata con i reperti provenienti dal Gabinetto di Anatomia fondato dall’anatomo chirurgo Antonio Scarpa.Diversi collaboratori, nominati per scopi e in momenti sempre ben circostanziati, affiancarono Spallanzani nella cura e nell’ordinamento delle collezioni e nella stesura dei cataloghi. Tra i primi coadiutori vi furono Serafino Volta e Giovanni Antonio Scopoli , ai quali fu affidata la cura della sezione zoologica, e Padre Ermenegildo Pini, dedito alla mineralogia. Rilevante fu poi la figura del custode e preparatore Vincenzo Rosa, autore anche di due importanti trattati sulla tassidermia (“Metodo di preparare e conservare gli uccelli per i Gabinetti di Storia Naturale” del 1789 e “Metodo di preparare e conservare gli animali per un Gabinetto di Storia Naturale” del 1817). La responsabilità della sezione mineralogica fu affidata dal 1790 a Giovanni Martinenghi.La fama del Museo, ricco già nel 1780 di oltre 24.000 esemplari, interessò autorità e personalità scientifiche e ispirò al poeta e matematico Lorenzo Mascheroni alcuni versi del componimento didascalico “Invito a Lesbia Cidonia” (1793).Dopo la morte di Spallanzani, avvenuta a Pavia nel 1799, lo sviluppo del’istituzione e l’incremento delle collezioni proseguirono con i successori Giuseppe Mangili, Gian Maria Zendrini e Giuseppe Balsamo Crivelli.Con l’approvazione del Regolamento speciale d’Ateneo, che decretava l’inserimento dell’anatomia comparata nella Facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali e separava la zoologia dalla mineralogia, gli insegnamenti furono eretti prima a Cattedre e poi a Istituti. Di conseguenza, dal 1875 anche il Museo di Storia Naturale fu suddiviso nelle sue sezioni, che divennero altrettanti musei autonomi abbinati agli istituti omonimi. La zoologia fu affidata a Pietro Pavesi, l’anatomia comparata a Leopoldo Maggi e la mineralogia dal 1887 a Torquato Taramelli. Seguendo il trasferimento degli istituti, il Museo di Anatomia Comparata nel 1903 e quello di Zoologia nel 1935 trovarono adeguata collocazione a Palazzo Botta; il Museo di Mineralogia, che comprendeva fossili, minerali e campioni geologici, fu sistemato in altri locali del Palazzo Centrale.Verso la metà del XX secolo, quando l’interesse per i musei naturalistici fu superato dal progresso tecnologico e dal repentino sviluppo di innovative branche di ricerca, anche presso gli Istituti dell’Ateneo pavese prevalse la necessità di reperire spazi da adibire a laboratori. Intorno al 1960, con l’eccezione dei preparati strettamente legati alla didattica universitaria, le collezioni di zoologia, anatomia comparata e paleontologia furono trasferite negli ampi locali del Castello Visconteo nell’intento di allestire in quella sede civica un museo aperto al pubblico, purtroppo rimasto irrealizzato. Gli anni a seguire furono, per i preziosi reperti, di inesorabile degrado, fino alla istituzione del Centro Interdipartimentale di Servizi Musei Universitari che, dal 1995, sta operando il recupero di tutto il materiale mediante restauro conservativo dei reperti. In sintonia con la recente generale rivalutazione del Museo come insostituibile strumento didattico, il Centro valorizza parte delle collezioni in esposizioni tematiche temporanee rivolte agli studenti, alle scolaresche e al vasto pubblico [Immagini dell'ornitologia nell'800 a Pavia (aprile 1996), Pesci di ieri e di oggi (aprile 1997), Artigli e zanne: grandi e piccoli predatori (aprile 1998), Dalle proscimmie all'uomo (sett.98), Il museo di Lazzaro Spallanzani (1771-1799)(1999 , Balene e delfini i giganti del mare.In linea con l’esigenza di conservare le testimonianze che raccontano la storia locale delle scienze naturali per divulgarla e trasmetterla alle generazioni future, è in fase di progettazione la sede definitiva del Museo di Storia Naturale, inserita nel Parco dei Musei al polo scientifico dell’Università. La struttura in programma sarà idonea a riunire tutte le collezioni storiche e a proseguire la raccolta e la conservazione di preparati recenti, sarà destinata alla fruizione pubblica e allo sviluppo dei vari settori in cui può articolarsi la ricerca scientifica di interesse naturalistico.